Con Valentina Ippolito, uno «sguardo dialogico» sul cinema italiano e romeno
The 'dialogical gaze', refers to the cinematic juxtaposition of diverse cultural identities revealing similarities and differences between Italian and Romanian migration cinema. Thus, the 'dialogical gaze' governs the selection of scenes in the film analysis section of each chapter, allowing to examine key moments of interaction between Romania and Italy. This study establishes that the proposed dialogical paradigm can act as a model to create opportunities for cultural interdiscursivity and social empathy in the wider cinema environment. Following a brief outline of the interactions between Italian and Romanian cinema and an introduction to the historical trends of Romanian migration after the fall of the communist regime, this thesis includes four film analysis chapters and a conclusion. Using the 'Journey to Italy' as its principle of organization, the study thematically arranges the films it analyses, breaking them down into The Journey Through Memory, The Journey Through Imagination, The Journey Through Conflict and The Journey of Return.
FURTHER INFORMATION / INFORMAZIONI AGGIUNTIVE |
Dalla svolta del Terzo Millennio, registi italiani e romeni hanno realizzato un considerevole numero di opere cinematografiche aventi come protagonisti figure di migranti provenienti dalla Romania in cerca di un’alternativa esistenziale in Italia. Questo volume analizza la rappresentazione estetica del migrante romeno da una prospettiva etica al fine di individuare i modi del confronto dialogico tra gli autori e le loro opere ed evidenziare le implicazioni dei film migratori come opportunità di una interdiscorsività basata sull'empatia. Questo studio propone il paradigma inedito, qui definito “sguardo dialogico”, come modello che agevola la comprensione dei contatti interculturali ed intercinematici tra registi, opere e spettatori che prendono forma intorno al tema del viaggio migratorio. L’originalità di questo studio non si riscontra solo nella proposta dello sguardo dialogico, ma nella sua applicazione etica come occasione di riflessione sul cinema di impegno che pone al centro del discorso il dramma dei migranti.
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Ringraziamenti
Un ringraziamento speciale è rivolto a Claudia Lazar dell’istituto di Cultura Romeno di Venezia, al critico Francesco Saverio Marzaduri, al consolato generale di Romania a Milano, Orizzonti culturali Italo-Romeni e l’Accademia di Romania in Roma.
INTRODUZIONE
Negli ultimi vent’anni i film di migrazione hanno primeggiato nella cinematografia contemporanea europea, suscitando un progressivo interesse negli ambienti della critica e del pubblico anche in ragione dei loro riferimenti a fenomeni sociali che riguardano milioni di persone affette dai flussi migratori. L'affluenza di lavoratori romeni verso l'Italia ha ispirato i registi di entrambe le nazioni a raccontare le avventure transnazionali dei migranti. Molti di questi film, che hanno al centro personaggi romeni impegnati a trovare in Italia una ragione di vita ed una collocazione economica, rappresentano i punti di vista contrastanti di chi lascia la Romania e di chi accoglie i movimenti migratori.
Nel volume -- Lo sguardo dialogico -- si discute della rappresentazione estetica del migrante romeno da una prospettiva etica al fine di individuare i modi del confronto dialogico tra gli autori e le loro opere ed evidenziare le implicazioni dei film migratori come opportunità di una interdiscorsività basata sull'empatia. Per sostanziare i termini del confronto, l'analisi condotta ha fatto uso di ambiti interrelati: da una parte l'ambito estetico-ermeneutico dell'analisi filmica formale, e, dall'altro, quello delle scienze sociali. Il punto di vista estetico ha mostrato come lo stile dei registi romeni della Noul Val -- tra cui, Catalin Mitulescu, Florin Serban, e Bobbi Paunescu -- si stia evolvendo in Europa e ne ha illustrato i modi dell'incontro della comunicazione intercinematica con i registi italiani impegnati sul soggetto della migrazione.
La selezione dei lungometraggi, che ha seguito criteri di raggruppamento per nazione, temi, generi, stili, discorsi, prospettive ideologiche e tecniche cinematografiche, ha distinto i capitoli del volume secondo diversi percorsi del viaggio:Il viaggio della memoria (Cover-Boy: l’ultima rivoluzione (2006) di Carmine Amoroso (IT)). Il viaggio dell’immaginazione (Francesca (2009) di Bobby Paunescu (RO). Il viaggio del conflitto. (due film a confronto Il resto della notte (2008) di Francesco Munzi (IT); Eu când vreau să fluier, fluier (2010) di Florin Serban (RO)). Il viaggio del ritorno (Mar Nero (2008) di Federico Bondi (IT) e Dincolo de calea ferată (2016) di Cătălin Mitulescu (RO). I sei film scelti sono esemplari dell'uso non sempre premeditato di strategie e tecniche dialogiche.
Messe a confronto, le sei opere intessono un dialogo come indicazione dell’incontro interculturale possibile tra registi e pubblico. I sei film hanno confermato l'esistenza di un networking che si realizza attraverso l’interrelazione di opere romene ed italiane che si guardano. Infatti, l’interpretazione delle sei opere in esame rimanda ai processi di significazione ed interpretazione del viaggio di migrazione, valutando ciascuna opera filmica come una proposta di dialogo sinergetico ed interdisciplinare tra registi, opere e spettatorati. Detto questo, anche se lo scopo di queste opere non sembrerebbe essere in primis ideologico, non va sottovalutato il loro impatto sulla politica anche grazie alla mediazione dei critici e dei Festival.
I film di migrazione dalla Romania verso l’Italia, esaminati in questa ricerca decostruiscono il mito dell’Italia come nazione capitalistica di evidente benessere socio-economico e cultura, mettendo in evidenza scenari tragici di incomunicabilità, spaesamento e violenza connessi ai flussi migratori così come sono stati narrati sugli schermi dai loro registi. Le sei storie discusse nel volume demistificano i luoghi comuni che presentano un’Italia idealizzata, mostrando, al contrario, delle dure realtà urbane e suburbane a cui approdano i migranti di nazionalità romena. Si tratta di vicende che coinvolgono le vite sia di migranti partiti (o desiderosi di partire) alla volta dell’Italia in cerca di un futuro migliore di quello che si prospettava nel loro paese di origine, sia di personaggi italiani disperati, spesso disoccupati, o psicologicamente danneggiati da storie di delinquenza comune e tossicodipendenza.
Le sei opere esaminate mostrano che l'Italia del Terzo Millennio, in era postindustriale e globalizzata, è una terra ostile anche verso i suoi stessi cittadini. Altre problematiche esaminate che collegano i due raggruppamenti di opere, includono il ruolo negativo dei mass-media nel diffondere sentimenti xenofobi contro gli stranieri dell'Est (Dal Lago, 1999), il sex trafficking, il lavoro nero e la difficoltà di sistemazione anagrafica, la complessità per i lavoratori romeni di accedere a condizioni occupazionali assistite e con pari opportunità nella “Penisola della paura” (Valtolina, 2012). Da cui, la rappresentazione di circostanze di competizione sui posti di lavoro disponibili e la tensione tra italiani e romeni resa visibile dalle strategie dialogiche che mettono in evidenza la paura dell'Altro.
IL METODO
Il metodo adottato per la selezione delle opere oggetto d’analisi è di natura comparativistica ed interdisciplinare. L’approccio metodologico è stato utile per mettere in evidenza le relazioni sociali e culturali tra i due paesi che nei film selezionati assumono la forma di un incontro di “sguardi”. La scelta delle sei opere ha posto attenzione sulla presenza di risvolti sociali drammatici, fissati dalla natura degli scambi che avvengono in circostanze migratorie. I criteri che hanno motivato la selezione dei film nascono dal mio desiderio di mostrare le innumerevoli difficoltà che investono i migranti che si ritrovano in situazioni di marginalizzazione, sottoccupazione, discriminazione, criminalizzazione e pregiudizio in terra straniera ed agevolare anche tra gli spettatori un confronto basato non solo sulla ovvia riflessione politica e sociologica, come nei film Cover-Boy o Il resto della notte, ma sull'empatia, come nel film Mar Nero che promuove opportunità per un dialogo interumano. Sono opportunità di riflessioni rilevabili proprio dalla interdiscorsività che si è venuta a stabilire tra gli artisti del cinema a soggetto migratorio. All’occasione, nei vari capitoli del libro, ho sottolineato tangenzialmente come certi modi della rappresentazione del migrante convoglino non solo somiglianze e discrepanze tra i soggetti portati sullo schermo ma le rimarchevoli differenze esistenti tra le due industrie cinematografiche. Ritengo che questa prospettiva accresca le già esistenti analisi del cinema romeno di critici come Francesco Saverio Marzaduri, Doru Pop e Dominique Nasta.
CHE COS’E’ LO SGUARDO DIALOGICO - IL PARADIGMA
Il volume propone un paradigma originale, definito "sguardo dialogico", per identificare scelte estetiche e narrative che enfatizzano la relazione tra personaggi di migranti ed autoctoni nel cinema italiano e romeno e fare dialogare prospettive contrastive sia interne alle singole opere e gruppi di opere, nel loro richiamare ambiti intertestuali di interesse interagente - interessi che sono interni al cinema, - sia di mettere in evidenza realtà esterne al cinema (ovvero situazioni ricavate da ambiti extratestuali).
Per comprendere il senso del paradigma dello sguardo dialogico è indispensabile esaminare con attenzione anche i film dei registi romeni, che raccontano in modo minimalista e rivelatorio non solo il disagio effettivo dei migranti, ma anche il modo in cui l’Italia, inizialmente idealizzata, viene poi effettivamente vissuta e raccontata al ritorno in patria. Il film di Păunescu, Francesca, cerca di risolvere questo dilemma, se sia il caso o meno di lasciare la Romania, specialmente alla luce delle forti obiezioni anti-italiche di parenti ed amici della protagonista. L'epilogo del film parla da sé perché la decisione di Francesca di lasciare la madrepatria fallisce miseramente. La storia, infatti, partendo dall'utopia dell'altrove di cui Francesca è una delle tante sognatrici, costruisce una circostanza fortemente sfavorevole alla migrazione che svela problemi della nazione di partenza. Il finale drammatico chiarisce che Francesca, più che partire verso un sogno, cerca di fuggire dal proprio contesto sociale violento ed angosciante. Dalla prospettiva italiana, anche il film di Amoroso Cover-boy ci ricorda che la delusione del viaggio fallito induce un doloroso ripensamento sulle ragioni della migrazione spesso fabbricate su un progetto utopico.
Lo sguardo dialogico non va considerato solo come incontro di prospettive contrastive interne all'opera, ma come interdiscorsività che chiama in causa ambiti interni (intertestuali) ed esterni al cinema (extratestuali). La dimensione dialogica emerge tanto dall'insieme di tecniche di scrittura della sceneggiatura, ripresa e montaggio, modi della recitazione (in lingua originale, per esempio), scenografia, ambientazione, quanto dall'effetto che l'opera ha su chi l’osserva. Ne consegue che individuare le istanze di sguardo dialogico implica analizzare sia la strategia compositiva, sia il modo in cui la dialogia interna all'opera attiva delle risposte esterne ad essa. Attraverso il paradigma dello sguardo dialogico è possibile stabilire un contatto significativo di sguardi tra queste storie di migranti romeni e personaggi italiani, mostrati in contesti ora oppositivi, ora di improvvisa umana solidarietà, come nella storia di Cover-Boy. Lo sguardo dialogico, inoltre, mostra come i registi stessi abbiano iniziato a dialogare tra loro, tematicamente, ma anche esteticamente, rispondendo a stimoli e spunti creativi attinti dalle opere dell’altro. Si assume uno sguardo di tipo dialogico per interconnettere opere ed autori con tre obiettivi principali: prima di tutto di argomentare che l'insieme tematico-discorsivo dei sei film scelti esprima preoccupazioni di carattere etico; in secondo luogo, teorizzare che questa prospettiva dialogica interconnetta il lavoro degli artisti italiani e romeni impegnati su questo soggetto drammatico; in terzo luogo, dimostrare, attraverso l'analisi formale dei film in esame, l'applicabilità dell'etica dello sguardo dialogico per mettere in risalto la fragilità e la forza dei personaggi spesso caratterizzati, in modo retorico, da stereotipi culturali. Il volume intende altresì dimostrare con l’analisi filmica, gli strumenti espressivi attraverso cui si realizza questa dialogicità di sguardi tra registi, personaggi, storie e spettatori nel pubblico sia italiano sia romeno. Si ritiene che queste opere, tanto sul piano prettamente sociologico quanto sul piano estetico, abbiamo portato dinanzi agli spettatori proposte di scenari su cui interrogarsi che mettono in discussione pregiudizi e paure verso tutto ciò che è percepito dagli autoctoni come intrusivamente “straniero”.
I PERSONAGGI
L'esame del corpus tematico-discorsivo dei sei film in questione mette in risalto, attraverso l’uso del paradigma dello sguardo dialogico, gli aspetti problematici del processo di accoglienza dei migranti e degli espatriati, e questa è una preoccupazione etica soprattutto dei tre registi italiani, Amoroso, Bondi e Munzi. Nei film italiani, come nei film romeni, tra cui Francesca (2009) di Bobbi Păunescu, vengono addirittura citate leggi, indicati partiti al potere e nominati politici di spicco per criticarne l’operato apertamente.
Il migrante nel cinema italiano e romeno degli ultimi 15 anni appare spesso come un’unità angosciata e solitaria, abbandonata al flusso di questa dimensione che sommerge e travolge e quasi mai ripaga il dolore ed il sacrificio di chi affronta questo viaggio periglioso. Si tratta di personaggi in viaggio, giovani donne e uomini inizialmente speranzosi di un cambiamento, pieni di aspettative e progetti di integrarsi in Italia, forse illusi di fare fortuna, di incontrare amici o l’amore passepartout, di bypassare certe burocrazie invalidanti e ricominciare, ma sono quasi tutti destinati al fallimento e ai ripensamenti. Si tratta di personaggi di migranti dell’Est, perennemente afflitti e delusi perché tenuti fuori dalle comunità degli autoctoni, e a rischio di cadere coinvolti in attività illegali, o nella trappola del facile guadagno, come le occasioni di lavoro in nero o la prostituzione. Un’altra caratteristica di questi personaggi sradicati è la loro fragilità identitaria, resa più penosa dalla permanenza in contesti non accoglienti e spesso apertamente ostili allo straniero. Ad esempio, il meccanico Ioan (Cover-Boy) e il cameriere stagionale Radu (Dincolo de calea ferată, 2016, di Cătălin Mitulescu) sono consapevoli che saranno sottovalutati specialmente nelle relazioni con gli italiani che li giudicano in base a stereotipi e pregiudizi pur sfruttandone le capacità in ambito lavorativo. I personaggi di giovani romeni, -- rappresentati il più delle volte come individui appartenenti a classi svantaggiate oppure inseriti all’interno di trame distopiche a sfondo noir, come Ionut, Marja e Victor, ne Il resto della notte (2008) di Francesco Munzi o Francesca del film di Păunescu, -- rendono drammaticamente i tragici risvolti esistenziali di circostanze di migrazione difficili e penose, politicamente mal gestite sia in Italia sia in Romania da amministrazioni statali non disposte a riformare i loro sistemi di accoglienza dei migranti così come è rappresentato nei film discussi nel volume. Le tre opere romene, costruendo degli intrecci oscuri, mettono in dubbio la possibilità di un contatto positivo con gli italiani, una scelta che ha suscitato polemiche nel caso del film di Paunescu, Francesca, andando in una direzione opposta al dialogo tra culture. Tre di essi hanno epiloghi che evolvono nell'urgenza di rimpatrio del migrante, causata dalla difficoltà ad integrarsi nella società ospitante. Lo stesso vale per i tre film italiani che hanno rimaneggiato vecchi stereotipi, tanto da lasciare allo spettatore il dilemma dell'incontro con lo straniero, alludendo spesso al sogno di ritornare in Romania che rispetto alle dure realtà italiane, viene rappresentata come un miraggio.
RITORNO
Il libro si conclude appunto con il viaggio di ritorno. Come discusso nei capitoli in cui mi interesso del tema del “viaggio del ritorno” del migrante verso la sua città d’origine e i suoi contesti sociali in Romania, il ritorno è un tema portante, vuoi che sia centrale, vuoi che sia collaterale alla storia principale. A partire dal personaggio di Odisseo, eroe di Itaca delle avventure epiche narrate da Omero nell’odissea e nell’iliade, chi viaggia ha sempre lo struggente desiderio del ritorno in patria dopo il travaglio delle avventure e disavventure della propria peregrinazione. Si ritorna anche per capire di non essere più gli stessi - perché l’espatrio muta il viaggiatore per sempre - e che il luogo di origine della nostra memoria è nel frattempo cambiato.
Le narrazioni cinematografiche contenute in Mar Nero di Federico Bondi e ne Dincolo de calea ferată pongono il focus sul tema del viaggio del ritorno. Ambedue i registi offrono allo spettatore la possibilità di viaggiare mediante la semiotica degli spazi in cui prende forma l’incontro tra i diversi. Il capitolo incentrato sull’analisi della semiotica degli spazi esamina questa componente del ritorno come viaggio della memoria e successivamente presa di coscienza della realtà attuale. Ma sebbene l'estetica di questi due film restituisca dei ritratti molto credibili dei protagonisti romeni e della loro società, nelle opere creative la riflessione sociologica rimane comunque sempre relativa perché i personaggi dei film attraversano lo spazio rappresentato come costruzioni immaginarie in storie plausibili, sospese tra realtà e mito.
Quello del rimpatrio volontario o forzato dagli eventi è un tema che emerge in quasi tutte le sei opere di cui si discute nel libro che ruotano intorno al vagheggiamento del ritorno dinanzi alle difficoltà incontrate in terra straniera. È in effetti il leitmotiv sotterraneo che pervade Dincolo de calea ferată, anche se in questo film si tratta di un doppio ritorno: uno circostanziale del cameriere Radu verso la Romania per andare ad incontrare sua moglie e suo figlio a Bucarest che non vede da quasi un anno, e l’altro verso l’Italia allorquando Radu comprende che il futuro della sua famiglia è in Italia. I due film Mar Nero e Dincolo de calea ferată mostrano le qualità ed i difetti dell’Italia e della Romania, accorciando, ma solo percettivamente ed emozionalmente, la distanza tra le due nazioni.
CONCLUSIONE
Per i registi che hanno affrontato l’argomento della migrazione problematizzare il migrante, ha significato interrogarsi prima di tutto sull’identità della propria nazione-cultura nell’orizzonte di ciò che è sconosciuto, lontano e diverso. Pertanto, lo sguardo dialogico appare come la disponibilità di un’opera e di un autore di stabilire una relazione significativa con un gruppo di altre opere con cui entrare in contatto su tematiche transnazionali, nell’accettazione della loro diversità.
Un ringraziamento speciale è rivolto a Claudia Lazar dell’istituto di Cultura Romeno di Venezia, al critico Francesco Saverio Marzaduri, al consolato generale di Romania a Milano, Orizzonti culturali Italo-Romeni e l’Accademia di Romania in Roma.
INTRODUZIONE
Negli ultimi vent’anni i film di migrazione hanno primeggiato nella cinematografia contemporanea europea, suscitando un progressivo interesse negli ambienti della critica e del pubblico anche in ragione dei loro riferimenti a fenomeni sociali che riguardano milioni di persone affette dai flussi migratori. L'affluenza di lavoratori romeni verso l'Italia ha ispirato i registi di entrambe le nazioni a raccontare le avventure transnazionali dei migranti. Molti di questi film, che hanno al centro personaggi romeni impegnati a trovare in Italia una ragione di vita ed una collocazione economica, rappresentano i punti di vista contrastanti di chi lascia la Romania e di chi accoglie i movimenti migratori.
Nel volume -- Lo sguardo dialogico -- si discute della rappresentazione estetica del migrante romeno da una prospettiva etica al fine di individuare i modi del confronto dialogico tra gli autori e le loro opere ed evidenziare le implicazioni dei film migratori come opportunità di una interdiscorsività basata sull'empatia. Per sostanziare i termini del confronto, l'analisi condotta ha fatto uso di ambiti interrelati: da una parte l'ambito estetico-ermeneutico dell'analisi filmica formale, e, dall'altro, quello delle scienze sociali. Il punto di vista estetico ha mostrato come lo stile dei registi romeni della Noul Val -- tra cui, Catalin Mitulescu, Florin Serban, e Bobbi Paunescu -- si stia evolvendo in Europa e ne ha illustrato i modi dell'incontro della comunicazione intercinematica con i registi italiani impegnati sul soggetto della migrazione.
La selezione dei lungometraggi, che ha seguito criteri di raggruppamento per nazione, temi, generi, stili, discorsi, prospettive ideologiche e tecniche cinematografiche, ha distinto i capitoli del volume secondo diversi percorsi del viaggio:Il viaggio della memoria (Cover-Boy: l’ultima rivoluzione (2006) di Carmine Amoroso (IT)). Il viaggio dell’immaginazione (Francesca (2009) di Bobby Paunescu (RO). Il viaggio del conflitto. (due film a confronto Il resto della notte (2008) di Francesco Munzi (IT); Eu când vreau să fluier, fluier (2010) di Florin Serban (RO)). Il viaggio del ritorno (Mar Nero (2008) di Federico Bondi (IT) e Dincolo de calea ferată (2016) di Cătălin Mitulescu (RO). I sei film scelti sono esemplari dell'uso non sempre premeditato di strategie e tecniche dialogiche.
Messe a confronto, le sei opere intessono un dialogo come indicazione dell’incontro interculturale possibile tra registi e pubblico. I sei film hanno confermato l'esistenza di un networking che si realizza attraverso l’interrelazione di opere romene ed italiane che si guardano. Infatti, l’interpretazione delle sei opere in esame rimanda ai processi di significazione ed interpretazione del viaggio di migrazione, valutando ciascuna opera filmica come una proposta di dialogo sinergetico ed interdisciplinare tra registi, opere e spettatorati. Detto questo, anche se lo scopo di queste opere non sembrerebbe essere in primis ideologico, non va sottovalutato il loro impatto sulla politica anche grazie alla mediazione dei critici e dei Festival.
I film di migrazione dalla Romania verso l’Italia, esaminati in questa ricerca decostruiscono il mito dell’Italia come nazione capitalistica di evidente benessere socio-economico e cultura, mettendo in evidenza scenari tragici di incomunicabilità, spaesamento e violenza connessi ai flussi migratori così come sono stati narrati sugli schermi dai loro registi. Le sei storie discusse nel volume demistificano i luoghi comuni che presentano un’Italia idealizzata, mostrando, al contrario, delle dure realtà urbane e suburbane a cui approdano i migranti di nazionalità romena. Si tratta di vicende che coinvolgono le vite sia di migranti partiti (o desiderosi di partire) alla volta dell’Italia in cerca di un futuro migliore di quello che si prospettava nel loro paese di origine, sia di personaggi italiani disperati, spesso disoccupati, o psicologicamente danneggiati da storie di delinquenza comune e tossicodipendenza.
Le sei opere esaminate mostrano che l'Italia del Terzo Millennio, in era postindustriale e globalizzata, è una terra ostile anche verso i suoi stessi cittadini. Altre problematiche esaminate che collegano i due raggruppamenti di opere, includono il ruolo negativo dei mass-media nel diffondere sentimenti xenofobi contro gli stranieri dell'Est (Dal Lago, 1999), il sex trafficking, il lavoro nero e la difficoltà di sistemazione anagrafica, la complessità per i lavoratori romeni di accedere a condizioni occupazionali assistite e con pari opportunità nella “Penisola della paura” (Valtolina, 2012). Da cui, la rappresentazione di circostanze di competizione sui posti di lavoro disponibili e la tensione tra italiani e romeni resa visibile dalle strategie dialogiche che mettono in evidenza la paura dell'Altro.
IL METODO
Il metodo adottato per la selezione delle opere oggetto d’analisi è di natura comparativistica ed interdisciplinare. L’approccio metodologico è stato utile per mettere in evidenza le relazioni sociali e culturali tra i due paesi che nei film selezionati assumono la forma di un incontro di “sguardi”. La scelta delle sei opere ha posto attenzione sulla presenza di risvolti sociali drammatici, fissati dalla natura degli scambi che avvengono in circostanze migratorie. I criteri che hanno motivato la selezione dei film nascono dal mio desiderio di mostrare le innumerevoli difficoltà che investono i migranti che si ritrovano in situazioni di marginalizzazione, sottoccupazione, discriminazione, criminalizzazione e pregiudizio in terra straniera ed agevolare anche tra gli spettatori un confronto basato non solo sulla ovvia riflessione politica e sociologica, come nei film Cover-Boy o Il resto della notte, ma sull'empatia, come nel film Mar Nero che promuove opportunità per un dialogo interumano. Sono opportunità di riflessioni rilevabili proprio dalla interdiscorsività che si è venuta a stabilire tra gli artisti del cinema a soggetto migratorio. All’occasione, nei vari capitoli del libro, ho sottolineato tangenzialmente come certi modi della rappresentazione del migrante convoglino non solo somiglianze e discrepanze tra i soggetti portati sullo schermo ma le rimarchevoli differenze esistenti tra le due industrie cinematografiche. Ritengo che questa prospettiva accresca le già esistenti analisi del cinema romeno di critici come Francesco Saverio Marzaduri, Doru Pop e Dominique Nasta.
CHE COS’E’ LO SGUARDO DIALOGICO - IL PARADIGMA
Il volume propone un paradigma originale, definito "sguardo dialogico", per identificare scelte estetiche e narrative che enfatizzano la relazione tra personaggi di migranti ed autoctoni nel cinema italiano e romeno e fare dialogare prospettive contrastive sia interne alle singole opere e gruppi di opere, nel loro richiamare ambiti intertestuali di interesse interagente - interessi che sono interni al cinema, - sia di mettere in evidenza realtà esterne al cinema (ovvero situazioni ricavate da ambiti extratestuali).
Per comprendere il senso del paradigma dello sguardo dialogico è indispensabile esaminare con attenzione anche i film dei registi romeni, che raccontano in modo minimalista e rivelatorio non solo il disagio effettivo dei migranti, ma anche il modo in cui l’Italia, inizialmente idealizzata, viene poi effettivamente vissuta e raccontata al ritorno in patria. Il film di Păunescu, Francesca, cerca di risolvere questo dilemma, se sia il caso o meno di lasciare la Romania, specialmente alla luce delle forti obiezioni anti-italiche di parenti ed amici della protagonista. L'epilogo del film parla da sé perché la decisione di Francesca di lasciare la madrepatria fallisce miseramente. La storia, infatti, partendo dall'utopia dell'altrove di cui Francesca è una delle tante sognatrici, costruisce una circostanza fortemente sfavorevole alla migrazione che svela problemi della nazione di partenza. Il finale drammatico chiarisce che Francesca, più che partire verso un sogno, cerca di fuggire dal proprio contesto sociale violento ed angosciante. Dalla prospettiva italiana, anche il film di Amoroso Cover-boy ci ricorda che la delusione del viaggio fallito induce un doloroso ripensamento sulle ragioni della migrazione spesso fabbricate su un progetto utopico.
Lo sguardo dialogico non va considerato solo come incontro di prospettive contrastive interne all'opera, ma come interdiscorsività che chiama in causa ambiti interni (intertestuali) ed esterni al cinema (extratestuali). La dimensione dialogica emerge tanto dall'insieme di tecniche di scrittura della sceneggiatura, ripresa e montaggio, modi della recitazione (in lingua originale, per esempio), scenografia, ambientazione, quanto dall'effetto che l'opera ha su chi l’osserva. Ne consegue che individuare le istanze di sguardo dialogico implica analizzare sia la strategia compositiva, sia il modo in cui la dialogia interna all'opera attiva delle risposte esterne ad essa. Attraverso il paradigma dello sguardo dialogico è possibile stabilire un contatto significativo di sguardi tra queste storie di migranti romeni e personaggi italiani, mostrati in contesti ora oppositivi, ora di improvvisa umana solidarietà, come nella storia di Cover-Boy. Lo sguardo dialogico, inoltre, mostra come i registi stessi abbiano iniziato a dialogare tra loro, tematicamente, ma anche esteticamente, rispondendo a stimoli e spunti creativi attinti dalle opere dell’altro. Si assume uno sguardo di tipo dialogico per interconnettere opere ed autori con tre obiettivi principali: prima di tutto di argomentare che l'insieme tematico-discorsivo dei sei film scelti esprima preoccupazioni di carattere etico; in secondo luogo, teorizzare che questa prospettiva dialogica interconnetta il lavoro degli artisti italiani e romeni impegnati su questo soggetto drammatico; in terzo luogo, dimostrare, attraverso l'analisi formale dei film in esame, l'applicabilità dell'etica dello sguardo dialogico per mettere in risalto la fragilità e la forza dei personaggi spesso caratterizzati, in modo retorico, da stereotipi culturali. Il volume intende altresì dimostrare con l’analisi filmica, gli strumenti espressivi attraverso cui si realizza questa dialogicità di sguardi tra registi, personaggi, storie e spettatori nel pubblico sia italiano sia romeno. Si ritiene che queste opere, tanto sul piano prettamente sociologico quanto sul piano estetico, abbiamo portato dinanzi agli spettatori proposte di scenari su cui interrogarsi che mettono in discussione pregiudizi e paure verso tutto ciò che è percepito dagli autoctoni come intrusivamente “straniero”.
I PERSONAGGI
L'esame del corpus tematico-discorsivo dei sei film in questione mette in risalto, attraverso l’uso del paradigma dello sguardo dialogico, gli aspetti problematici del processo di accoglienza dei migranti e degli espatriati, e questa è una preoccupazione etica soprattutto dei tre registi italiani, Amoroso, Bondi e Munzi. Nei film italiani, come nei film romeni, tra cui Francesca (2009) di Bobbi Păunescu, vengono addirittura citate leggi, indicati partiti al potere e nominati politici di spicco per criticarne l’operato apertamente.
Il migrante nel cinema italiano e romeno degli ultimi 15 anni appare spesso come un’unità angosciata e solitaria, abbandonata al flusso di questa dimensione che sommerge e travolge e quasi mai ripaga il dolore ed il sacrificio di chi affronta questo viaggio periglioso. Si tratta di personaggi in viaggio, giovani donne e uomini inizialmente speranzosi di un cambiamento, pieni di aspettative e progetti di integrarsi in Italia, forse illusi di fare fortuna, di incontrare amici o l’amore passepartout, di bypassare certe burocrazie invalidanti e ricominciare, ma sono quasi tutti destinati al fallimento e ai ripensamenti. Si tratta di personaggi di migranti dell’Est, perennemente afflitti e delusi perché tenuti fuori dalle comunità degli autoctoni, e a rischio di cadere coinvolti in attività illegali, o nella trappola del facile guadagno, come le occasioni di lavoro in nero o la prostituzione. Un’altra caratteristica di questi personaggi sradicati è la loro fragilità identitaria, resa più penosa dalla permanenza in contesti non accoglienti e spesso apertamente ostili allo straniero. Ad esempio, il meccanico Ioan (Cover-Boy) e il cameriere stagionale Radu (Dincolo de calea ferată, 2016, di Cătălin Mitulescu) sono consapevoli che saranno sottovalutati specialmente nelle relazioni con gli italiani che li giudicano in base a stereotipi e pregiudizi pur sfruttandone le capacità in ambito lavorativo. I personaggi di giovani romeni, -- rappresentati il più delle volte come individui appartenenti a classi svantaggiate oppure inseriti all’interno di trame distopiche a sfondo noir, come Ionut, Marja e Victor, ne Il resto della notte (2008) di Francesco Munzi o Francesca del film di Păunescu, -- rendono drammaticamente i tragici risvolti esistenziali di circostanze di migrazione difficili e penose, politicamente mal gestite sia in Italia sia in Romania da amministrazioni statali non disposte a riformare i loro sistemi di accoglienza dei migranti così come è rappresentato nei film discussi nel volume. Le tre opere romene, costruendo degli intrecci oscuri, mettono in dubbio la possibilità di un contatto positivo con gli italiani, una scelta che ha suscitato polemiche nel caso del film di Paunescu, Francesca, andando in una direzione opposta al dialogo tra culture. Tre di essi hanno epiloghi che evolvono nell'urgenza di rimpatrio del migrante, causata dalla difficoltà ad integrarsi nella società ospitante. Lo stesso vale per i tre film italiani che hanno rimaneggiato vecchi stereotipi, tanto da lasciare allo spettatore il dilemma dell'incontro con lo straniero, alludendo spesso al sogno di ritornare in Romania che rispetto alle dure realtà italiane, viene rappresentata come un miraggio.
RITORNO
Il libro si conclude appunto con il viaggio di ritorno. Come discusso nei capitoli in cui mi interesso del tema del “viaggio del ritorno” del migrante verso la sua città d’origine e i suoi contesti sociali in Romania, il ritorno è un tema portante, vuoi che sia centrale, vuoi che sia collaterale alla storia principale. A partire dal personaggio di Odisseo, eroe di Itaca delle avventure epiche narrate da Omero nell’odissea e nell’iliade, chi viaggia ha sempre lo struggente desiderio del ritorno in patria dopo il travaglio delle avventure e disavventure della propria peregrinazione. Si ritorna anche per capire di non essere più gli stessi - perché l’espatrio muta il viaggiatore per sempre - e che il luogo di origine della nostra memoria è nel frattempo cambiato.
Le narrazioni cinematografiche contenute in Mar Nero di Federico Bondi e ne Dincolo de calea ferată pongono il focus sul tema del viaggio del ritorno. Ambedue i registi offrono allo spettatore la possibilità di viaggiare mediante la semiotica degli spazi in cui prende forma l’incontro tra i diversi. Il capitolo incentrato sull’analisi della semiotica degli spazi esamina questa componente del ritorno come viaggio della memoria e successivamente presa di coscienza della realtà attuale. Ma sebbene l'estetica di questi due film restituisca dei ritratti molto credibili dei protagonisti romeni e della loro società, nelle opere creative la riflessione sociologica rimane comunque sempre relativa perché i personaggi dei film attraversano lo spazio rappresentato come costruzioni immaginarie in storie plausibili, sospese tra realtà e mito.
Quello del rimpatrio volontario o forzato dagli eventi è un tema che emerge in quasi tutte le sei opere di cui si discute nel libro che ruotano intorno al vagheggiamento del ritorno dinanzi alle difficoltà incontrate in terra straniera. È in effetti il leitmotiv sotterraneo che pervade Dincolo de calea ferată, anche se in questo film si tratta di un doppio ritorno: uno circostanziale del cameriere Radu verso la Romania per andare ad incontrare sua moglie e suo figlio a Bucarest che non vede da quasi un anno, e l’altro verso l’Italia allorquando Radu comprende che il futuro della sua famiglia è in Italia. I due film Mar Nero e Dincolo de calea ferată mostrano le qualità ed i difetti dell’Italia e della Romania, accorciando, ma solo percettivamente ed emozionalmente, la distanza tra le due nazioni.
CONCLUSIONE
Per i registi che hanno affrontato l’argomento della migrazione problematizzare il migrante, ha significato interrogarsi prima di tutto sull’identità della propria nazione-cultura nell’orizzonte di ciò che è sconosciuto, lontano e diverso. Pertanto, lo sguardo dialogico appare come la disponibilità di un’opera e di un autore di stabilire una relazione significativa con un gruppo di altre opere con cui entrare in contatto su tematiche transnazionali, nell’accettazione della loro diversità.